Processo Ccr, la Cassazione conferma la condanna di Cavallari

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La Cassazione ha rigettato i ricorsi presentati da Alceste e Daniela Cavallari, figli dell’ex ‘re Mida’ della sanità privata barese Francesco, contro la condanna a un anno e quattro mesi per vari reati – tra cui la tentata estorsione con l’aggravante mafiosa – che la Corte d’appello di Lecce aveva confermato nei confronti di Cavallari, quando nel 2022 lo aveva assolto dall’accusa di associazione mafiosa ‘perché il fatto non sussiste’.

Francesco Cavallari, ex presidente delle Case di Cura Riunite (Ccr) morto a Santo Domingo nel 2021, era stato assolto post mortem: la Corte d’appello di Lecce, il 16 novembre del 2022, aveva revocato nei suoi confronti il patteggiamento a 22 mesi di reclusione – ratificato nel 1995 e divenuto definitivo nel 1996 – limitatamente all’accusa di associazione mafiosa, confermandola per gli altri reati a lui contestati: alcuni episodi di corruzione e falso in bilancio e la tentata estorsione con l’aggravante mafiosa.
I legali dei figli avevano presentato ricorso in Cassazione per ottenere l’annullamento del reato aggravato dalla mafiosità, istanza rigettata oggi dalla Suprema corte.

L’accoglimento del ricorso avrebbe semplificato le procedure per la restituzione dell’ingente patrimonio. Cavallari è l’unico degli imputati coinvolti nell’operazione ‘Speranza’, sul mai provato intreccio tra mafia, affari e politica nella gestione delle Ccr, ad aver ricevuto una condanna per associazione mafiosa. Nel 1995, infatti, gli fu applicata con patteggiamento la pena a 22 mesi di reclusione, con conseguente confisca del patrimonio per 350 miliari di lire che derivava proprio dal reato di mafia. Nel corso gli anni tutti gli altri imputati accusati assieme a lui di associazione mafiosa sono stati assolti. Ultimi, nel maggio 2021, l’ex manager delle Ccr Paolo Biallo (deceduto nel dicembre 2019) e il boss mafioso Savino Parisi (ansa).

redazione

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