Nel Gioco del Jazz – Il nuovo disco di Roberto Ottaviano “Doussoun’ gouni”, omaggio ai griots e alla cultura africana

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Roberto Ottaviano

DOUSSOUN’ GOUNI

Il nuovo progetto discografico del sassofonista barese

Un omaggio ai griots e alla cultura africana tra tradizione e sperimentazione

È già nei negozi di musica e sulle piattaforme online il disco «Doussoun’ gouni», nuovo progetto firmato e coordinato da Roberto Ottaviano per l’etichetta Nel Gioco del Jazz di Bari nell’ambito del bando Puglia Sounds Plus Record 2020/2021. Otto i pezzi, tra cui «Wights Waits for Weights» di Steve Coleman, tra i fondatori del movimento M-Base di New York, e «I Got Rock» di Massimo Urbani, mentre gli altri («Wadud», «Joy», «Ode», «River of our Ancestors», «Bebey» e «Black Rain») sono tutti firmati dal sassofonista e compositore barese classe 1957, lo scorso gennaio confermatosi al vertice del jazz italiano con la consacrazione del doppio cd «Resonance & Rhapsodies» al referendum Top Jazz (primo nella categoria «miglior disco», secondo nelle sezioni «miglior musicista» e «miglior gruppo», l’Eternal Love). 

In «Doussoun’ gouni» (disco distribuito da IRD) con Ottaviano figurano Giuseppe Todisco alla tromba, Francesco Schepisi alle tastiere, Gianluca Aceto al basso elettrico, Dario Riccardo alla batteria e Cesare Pastanella alle percussioni in veste di special guest. Il titolo rimanda al nome dello strumento del Mali che affascinò anche Don Cherry, tra i grandi del free jazz. È la “chitarra” utilizzata dai griots, i cantastorie che custodiscono antichi racconti, personaggi chiave della cultura africana. E Ottaviano, proprio come un griot, assembla pensieri e li traduce in «racconti musicali senza parole» ispirati al mondo dei fumetti del disegnatore Jacopo Starace, portavoce di una poetica visionaria e introspettiva.

I brani, registrati il 4 e 5 agosto 2021 ai Sorriso Studios di Tommy Cavalieri, parlano di amore, vulnerabilità, incertezza e solitudine, sentimenti filtrati con un lieve distacco, e rimandano tutti a ispirazioni popolari, in una sorta di folk immaginario sospeso tra tradizione e sperimentazione, fuori da qualsiasi collocazione di genere, in quanto non legati a un tempo o a una moda. «Gli equilibri compositivi tendono a volte verso il blues, ma rappresentano una miscela irresistibile tra l’intelligenza e l’anima dei quattro musicisti coinvolti», spiega Ottaviano, che in uno dei suoi brani celebra il griot camerunense Francis Bebey, oltre a rendere omaggio al jazz metropolitano di Steve Coleman e al compianto sassofonista Massimo Urbani, andatosene troppo presto nel 1993. «Sullo sfondo, si staglia questo Doussoun’ gouni – aggiunge Ottaviano – che è metafora e spirito propiziatorio della convivenza e del passaggio di testimone tra vecchie e nuove generazioni».

Il disco è acquistabile anche nella sede dell’associazione Nel Gioco del Jazz, a Bari, in via principe Amedeo 233.

Redazione

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