Legge di Bilancio e Decreto dignità: dichiarazione di Giovanni Assi per Unimpresa

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Legge di Bilancio e Decreto dignità.  Sono le questione nelle quali entra nel merito dott. Giovanni ASSI, consigliere nazionale con delega al Lavoro e Welfare di Unimpresa. Si riporta dichiarazione: 

 

“È una bocciatura senza appello, sia per la legge di bilancio sia per il decreto dignità, quella che arriva dal mondo delle piccole e medie imprese italiane. “Il nostro giudizio sugli ultimi provvedimenti adottati dal governo è negativo – sostiene il consigliere nazionale di Unimpresa (Unione Nazionale di Imprese), recentemente eletto, con delega al Lavoro e Welfare, Giovanni Assi. “Non era quello che le aziende italiane auspicavano” – spiega Assi. “Partiamo dal decreto dignità: come si evince dagli ultimi dati Istat, riferiti al terzo trimestre 2018, sono diminuite di 52.000 unità le persone occupate nel Paese, con l’aumento dei contratti a termine (3.112.000 in totale, il valore più alto dal 1992) che non ha compensato il calo di quelli a tempo indeterminato. Su base annua, rispetto al terzo trimestre 2017, c’è comunque un aumento di 146.000 occupati, dovuto però al boom dei contratti a termine (+316.000) e delle partite Iva (+53.000). I contratti indeterminati invece sono calati di 222.000 unità.

La novità più rilevante ed al tempo stesso più controversa, introdotta dal decreto dignità, è la durata massima dei contratti a tempo determinato che passa da 36 mesi (previsti dal Jobs Act) a 24 mesi; inoltre la restrizione dei limiti quantitativi, in quanto questi non potranno essere più del 20% o del 30% del totale in un’azienda; e, infine, il ritorno delle causali per i mancati rinnovi”. Secondo il consigliere di Unimpresa “i dati negativi non sono certamente responsabilità esclusiva delle ultime misure introdotte dall’attuale governo, ma senza dubbio non hanno invertito la rotta.

A proposito del reddito di cittadinanza, decreto approvato in questi giorni dal Governo, poi, Assi sostiene che “va bene la norma anti furbetti inserita nel decreto attuativo della Legge di bilancio, così come sono positivi gli incentivi per chi assumerà i percettori della misura, restano tuttavia le perplessità, già manifestate, in relazione a una misura che sembra troppo vicina a un sussidio statale e da sola non basta a creare nuova occupazione. Per le aziende, infatti, – sostiene Giovanni Assi – è fondamentale avere incentivi significativi e soprattutto strutturali: ciò che impedisce, di fatto, la creazione di nuovi posti di lavoro è il peso del cuneo fiscale ed è su quello che il governo deve intervenire quanto prima.  I giovani rimangono esclusi dal mercato del lavoro ed è necessario avviare per loro un grande piano di inclusione con la decontribuzione e la detassazione totale per le assunzioni a tempo indeterminato”.

Secondo un sondaggio a campione realizzato dal Centro studi di Unimpresa tra le oltre 100.000 aziende associate, la norma che introduce in Italia il reddito di cittadinanza corre il rischio di essere aggirata e può far esplodere il lavoro nero. “Chi ha un reddito mensile inferiore a 1.000 euro potrebbe infatti accettare di buon grado il licenziamento da parte del datore di lavoro per percepire il reddito di cittadinanza (che assegna una “paga” mensile fino a 780 euro), e continuare comunque a lavorare con un salario in nero e più contenuto rispetto a quello regolare. I vantaggi ci sarebbero sia per i lavoratori, la somma di reddito di cittadinanza e salario in nero sarebbe infatti superiore alla paga regolare, sia per i datori di lavoro, perché risparmierebbero dal 30% al 60% sul costo del lavoro a fronte della stessa prestazione lavorativa. Lavoratori part time e con stipendio inferiore a 1.000 euro mensili sono quelli potenzialmente più interessati a valutare forme di aggiramento e violazione della misura”.

Resta il peso delle tasse. Nel 2019 per i contribuenti italiani, sia imprese sia famiglie, è previsto un incremento della pressione fiscale dal 41,9% al 42,3%: ne consegue che il totale delle imposte versate nelle casse dello Stato passerà dai 737 miliardi del 2018 ai 762 miliardi del 2019, con un incremento di 24 miliardi (+3%).

In ogni caso, Assi rileva che la legge di bilancio “contiene anche alcune risposte positive a problemi che avevamo sollevato come la riduzione delle aliquote Inail”. “Tuttavia – spiega il rappresentante nazionale di Unimpresa – la situazione rimane complicata e difficile e serve sicuramente dare molta più attenzione alle imprese italiane, puntando con decisione su misure strutturali che prevedano la decontribuzione e la detassazione totale per le assunzioni a tempo indeterminato e soprattutto un deciso intervento sugli investimenti pubblici e privati. Soltanto così – conclude Assi – si potranno realizzare le condizioni per creare lavoro. Per reagire bisogna stimolare l’occupazione con investimenti, l’apertura dei cantieri delle grandi opere che – se fossero già state avviate – darebbero lavoro ad almeno 400.000 persone con un impatto sull’economia di 86 miliardi”.

Dott. Giovanni Assi

Consigliere nazionale Unimpresa con delega al Lavoro e Welfare

redazione

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