
Venerdì scorso il principino George d’Inghilterra ha compiuto tre anni. Per celebrare l’evento e condividere la gioia dei genitori con i sudditi, Kensington Palace ha pubblicato quattro fotografie ufficiali del piccolo George. In una delle foto il piccolo principe è seduto su un plaid in giardino accanto al suo cane Lupo ed è colto nell’atto di offrirgli il suo gelato. Una foto tenera secondo alcuni, ma che ha suscitato l’indignazione di molti animalisti.
Le reazioni non hanno tardato ad arrivare, molti utenti di Twitter si sono lasciati andare a critiche feroci, hanno twittato di “crudeltà verso gli animali”, hanno definito George un “mostro monarchico”, “pagato dai contribuenti”, fino ad auspicare la prigione come giusta punizione all’efferato crimine. E la Royal Society for the Preventionof Cruelty to Animal ha invitato tutti gli amanti degli animali a non seguire il pessimo esempio del principino.
Queste critiche fanno seguito all’infelice post su Facebook di un’impiegata del British Council che, a commento di un’altra foto del piccolo George, lo ha definito un privilegiato bianco consapevole di esserlo (a soli tre anni!).
Gli inglesi, si sa, sono amanti degli animali (questo è, in effetti, uno degli stereotipi della “Britishness”), ma l’amore per un essere vivente dovrebbe escludere l’odio per un essere di altra natura. L’amore per i cani non può permettere un discorso rabbioso invitante all’odio verso un bambino di tre anni, è come se per salvare le balene uccidessimo tutti i balenieri.
La violenza e la rabbia di questi tweet non trova, pertanto, alcuna giustificazione se non nella frustrazione di alcuni utenti anche perché, se è vero che alcuni alimenti sono dannosi per gli animali, l’intenzione di George non era certamente quella di uccidere il povero Lupo. Ma i social network danno voce a tutti, molti condividono articoli senza neanche leggerli e, prendendo in prestito le parole di Jonathan Coe, commentano senza cognizione di causa alcuna “con tutta la passione, ossessività, ostilità, asprezza, villania, sfacciataggine e sgradevolezza che Internet permette [va]” (J.Coe, Numero undici).
articolo di Maria Cristina Consiglio