Kamasi Washington a Molfetta, un jazz contemporaneo per un pubblico incantato

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Kamasi Washington può essere definito la più giovane leggenda del jazz contemporaneo. Ieri 18 luglio all’Anfiteatro di Ponente a Molfetta, nell’ambito della rassegna Bari in jazz – Luci e Suoni a Levante, organizzata dalla Fondazione Valente, Abusuan e Basse Culture, si è esibito il nuovo mito del jazz mondiale, Kamasi Washington, probabilmente il sax numero uno oggi sui palcoscenici.

La sua figura ieratica da antico leone africano dominava la scena durante il concerto. Una ampia tunica, un medaglione africano al collo ed una criniera incombente sono stati i simboli di una presenza scenica tranquilla, non gridata.

Washington con il suo incidere lento e con la calma con cui ha coinvolto i suoi musicisti sembrava sussurrare al sax e invece dal suo strumento proveniva musica altissima e straordinaria. Soprattutto nei duetti con la batteria (time machine ha definito uno dei suoi batteristi) sembrava che suonasse senza produrre alcuno sforzo. Una sorta di circolazione continua del suono, senza sosta.

Ha poi presentato il papà, che l’ha accompagnato con il suo flauto traverso, vecchio musicista dal quale evidentemente il giovane Kamasi ha tratto la spinta per il suo originale percorso.

Ha proposto, accompagnato da due batterie, un basso, una tastiera, un trombone ed una voce femminile, tanti brani del suo primo incredibile triplice album The Epic, uscito nel 2015 ed ancora osannato come un capolavoro del jazz contemporaneo. Soltanto un grande personaggio poteva avere il coraggio di proporre un’opera prima articolata in tre album.

Il musicista di Los Angeles ha smentito la convinzione diffusa che da quella città provengano soltanto attori e registi.

Ha quindi saputo mescolare sul palcoscenico suoni jazz contaminati dal funky e tradizioni afroamericane. Evidentemente la antica collaborazione con il rapper Kendrik Lamar continua ad influenzare i suoi ritmi. Poi, con l’ingresso sulla scena del contrabasso, l’incanto di un jazz più tradizionale, più dolce.

La musica di Kamasi Washington conferma che l’ancora giovane sassofonista (è nato nel 1981) è fedele alle proprie convinzioni politiche. Ha dichiarato nel passato, difatti, che la sua storia non inizia da schiavo nero in America ma inizia in Africa. Da qui, certamente, anche la sua adesione agli ideali di Malcom X (al quale è dedicato un pezzo di The Epic) che voleva rivoluzionare la mentalità degli oppressi piuttosto che sensibilizzare gli oppressori.

Allo stesso modo la sua musica intende trasformare l’approccio alla tradizionale sensibilità dei musicisti jazz.

Alla fine della serata l’artista è stato premiato dalle autorità locali tra un tripudio di applausi del pubblico.

di Pierluigi Balducci

 

 

 

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