Nemmeno gli eventi più terribili della Storia possono rendere la follia del «Processo» di Kafka, sostiene Francesco Niccolini, che ha adattato per la scena e l’interpretazione di Paolo Panaro il grande romanzo incompiuto dello scrittore praghese. L’appuntamento con «Il processo di Franz Kafka», com’è intitolato per esteso lo spettacolo, è per sabato 26 (ore 21) e domenica 27 novembre (ore 20), alla Vallisa di Bari, per le «Direzioni del racconto», la rassegna di teatro di narrazione letteraria organizzata dalla Compagnia Diaghilev in collaborazione con l’Assessorato alle Culture del Comune di Bari e il sostegno della Regione Puglia (biglietti 10 euro, info e prenotazioni 3331260425).
A ispirare il drammaturgo e regista aretino, una lettura del «Processo» mentre si trovava a Cracovia, sull’autobus che lo portava ad Auschwitz e Birkenau. «Ho pensato – spiega Niccolini – che lavorare su quel romanzo sarebbe stata una grande occasione per confrontarmi con la follia della Storia, quella con la S maiuscola. Ci ho provato, ma mi sono arreso all’evidenza: Il Processo di Franz Kafka (questo è per me il titolo completo del mio racconto) è molto di più».
Il «Processo» è la tragedia di un uomo che si scopre “diverso” e per questo viene condannato. «Ma diverso in che senso?», si chiede Niccolini. «Proprio qui iniziano i guai. Infatti, si può adattare Il Processo a qualunque esigenza, piegarlo a qualunque perversione, colpa e accusa. Perché Il Processo paradossalmente è un’arma talmente affilata da poterla utilizzare contro chiunque, e per difendere chiunque. Basta decidere contro chi indirizzarla, o chi se ne vuole fare scudo: i paladini della legalità, i paladini della libertà, a quali i del tutto è concesso, della croce, della diversità, compresi i verdi paladini leghisti. Perché c’è sempre qualcuno da cui dovremmo difenderci e che ci perseguita».
di Antonio Carbonara