Coronavirus: divieti e responsabilità (di Gennaro Annoscia)

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(a mio fratello Luca)


Il coronavirus ha finito per rivelarsi una sorta di cartina di tornasole di aspetti apparentemente nascosti della società capitalistica. Senza che si sia mai fatto cenno alle sue reali cause, la pandemia funge da pretesto alla imposizione di nuovi divieti alle già limitate libertà personali. Uscire di casa non è più possibile, se non per la spesa e per poco altro, la motivazione è che la sua diffusione possa essere bloccata costringendo le persone a non uscire di casa. Ci si dimentica di ricordare che se da un pipistrello, in un remotissimo villaggio asiatico, il virus è arrivato nelle metropoli, diffondendosi così rapidamente, ciò è dovuto, sicuramente, anche ai cambiamenti climatici causati dall’uomo, così come alla concentrazione umana nelle città e nei luoghi di lavoro, oltre che ai continui spostamenti di merci ed esseri umani da un capo all’altro del mondo, fosse pure in business class.
Nella paura di essere contagiati o di diffondere il virus, o semplicemente di essere puniti, ecco quindi tutti gli obbedienti sudditi chiusi in casa.
Lo stato d’emergenza permette, quindi, misure eccezionali, che si rivelano funzionali ad un maggiore controllo sociale, col rischio che possano divenire permanenti, come quelle adottate per contrastare il terrorismo; mentre nei dibattiti televisivi si contrastano i sostenitori della proposta di replicare il modello sud coreano e i sostenitori del modello cinese.
Così, se le rivolte di Hong Kong si sono esaurite per il virus, allo stesso modo proibire gli assembramenti, in nome della salute pubblica -e affermiamo questo pur avendo piena consapevolezza di una effettiva situazione di eccezionalità- potrebbe, alla lunga, porre fine ai movimenti di massa.
La pandemia diventa, inoltre, occasione per imporre condizioni di lavoro che consentono alle aziende di spendere meno e guadagnare di più. Si sta a casa e si lavora via internet. La pandemia si trasforma in pretesto per l’imposizione senza resistenza di nuove forme di sfruttamento.
In realtà, disincentivare le attività svolte fuori casa potrebbe voler dire privilegiare la sola socialità e aggregazione virtuale.
In una sorta di rincoglionimento generale, ci si stringe intorno alla classe politica, la stessa classe politica, imprevidente e irresponsabile, che nel corso di vent’anni non ha fatto altro che tagliare sulla sanità pubblica, e che in occasione dell’allarme sollevato, da lungo tempo, da scienziati ruotanti intorno alla Organizzazione mondiale della sanità, circa il pericolo rappresentato dal virus, non ha dato loro ascolto.
Dalle finestre, ad ore stabilite, la gente grida, canta, batte le stoviglie e si riunisce in uno spirito nazionalista evocato da politici e media, mentre rognose facce barbute, le stesse che hanno chiuso i piccoli ospedali, ridotto il numero di medici e infermieri, tagliato i posti letto, obbligato i lavoratori della sanità a fare straordinari per sopperire ai tanti buchi, dall’alto delle loro comode case, pontificano in televisione, circa la legittimità, quasi sacrale, del pagare le tasse ad un sistema ingiusto, violento, liberticida, assassino.
Mentre la gente si ammala e muore, il governo spreca 70 milioni di euro in spese militari.
Non manca chi cerca una verità nascosta, un oscuro complotto ordito dal proprio cattivo preferito.
Chi non obbedisce, chiudendo gli occhi di fronte alla verità, è un untore, un criminale, un folle, mentre impazzano sindaci sceriffo e per le strade l’esercito ha compiti di polizia.
Si rivitalizza ogni forma di oscurantismo religioso, dalla punizione millenaristica alle nuvole a guisa di Madre di Dio.
Ci si chiede se superato questo periodo si tornerà a vivere come avveniva prima, e forse la vera curiosità è proprio questa, capire se è più facile vietare o gestire il fare e organizzare.

Gennaro Annoscia

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